Buon Natale! È una di quelle poche parole che in questa stagione affiorano sulle labbra quasi d'istinto, e non hanno bisogno di spiegazioni.
Ma siamo proprio sicuri di aver capito bene cos'è il Natale?
Ogni creatura che si affaccia alla soglia della vita crea motivi di gioia e di speranza. Anche il cucciolo della tigre fa tenerezza. Molto più il volto sereno di bimbo con gli occhi spalancati sulle novità del mondo, in braccio a sua madre. Natale è anche questo: farci sentire il valore delle radici, il calore dell'affetto che ci ha accolti al nostro arrivo nello stadio della vita e ci ha aiutati a crescere più del latte e degli e degli omogeneizzati.
Il Natale di Gesù è tutto questo; ma anche di più, immensamente di più.
È Dio Uno e Trino che viene in missione tra gli uomini per comunicarci, attraverso la sua esistenza, fragile come la nostra, la vita senza fine.
All'uomo sbandato e frantumato dentro, prima che diviso sul fronte esterno del sociale, Cristo viene a portare luce, calore, forza, coraggio, speranza. Nel piccolo bimbo del presepio si riflette come in uno specchio l'umanità intera, di ogni epoca e di ogni razza. Con i suoi limiti angosciosi, ma anche con la certezza del rinnovamento radicale che il dono del Natale introduce nel mondo.
A questo punto per capire il Natale non sono i ragionamenti o le parole che contano; bisogna mettersi in ginocchio davanti al presepio, bisogna avere il coraggio di fermarsi e far tacere il fracasso che ci impedisce di ritrovare il fondo di noi stessi e ci illude di essere autosufficienti senza bisogno alcuno di salvezza.
Solo se avvertiamo la nostra povertà, se non ci chiudiamo nel miraggio dei soldi, della carriera, delle varie sbornie che svuotano le tasche senza riempire la nostra sete di felicità; soltanto allora avvertiremo il fascino irresistibile di quello sguardo dolce ed esigente. Soltanto allora Natele sarà, anche per noi, il rinnovarsi della vita.
Questo è il mio augurio. Buon Natale.