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a Sacra Sindone, un'immagine misteriosa per la scienza, sfida per l’intelligenza come l’ha definita Giovanni Paolo II, è per i credenti un grande segno della Passione di Cristo.
Per noi oggi la Sindone è richiamo forte a contemplare, nell’immagine, il dolore di ogni uomo, le sofferenze a cui spesso non sappiamo neppure dare un nome: per questo il motto dell’attuale ostensione è la frase «Passio Christi passio hominis», il dolore di Cristo e il dolore dell'uomo.
Nella serata di sabato 15 maggio hanno visitato la Sindone anche 320 pellegrini provenienti dalla diocesi dell’Aquila, accompagnati dal Vescovo ausiliare mons. Giovanni D’Ercole.
Un pellegrinaggio che, a detta del Vescovo, ha assunto un particolare valore di preghiera e di socializzazione, dopo che il terremoto del 2009 ha frazionato la comunità aquilana su un territorio molto ampio.
«L’Aquila è una città ferita, che ha bisogno di segni di speranza - ha dichiarato mons. D’Ercole - in un momento in cui tutto crolla la Sindone è un atto di fede e di fiducia, è la sicurezza costante che Gesù ci ha amati.
Il Telo rappresenta un dono di Dio dove celebriamo la risurrezione di Cristo, testimonianza di forza suprema di fronte a tutte le difficoltà».
Al termine della visita, mons. D’Ercole ha voluto ringraziare le Caritas di Torino e del Piemonte per l’aiuto prestato sui luoghi del sisma.
Tra questi pellegrini dell'Aquila era presente anche una nutrita delegazione proveniente dalla parrocchia di San Sisto, che non ha voluto mancare a questo appuntamento.
Il pellegrinaggio è stato molto stancante e si è andati incontro a notevoli disagi, a partire dal lungo viaggio in pullman fino a Torino e dalle interminabili code, ma il momento culminante in cui ci si è ritrovati faccia a faccia con l'immagine sofferente di Gesù ha ripagato ogni scomodità provata.
Vedere con gli occhi i segni di tutte le sofferenze che Cristo ha patito per noi e al contempo essere davanti alla figura stessa della risurrezione è stato davvero emozionante.
E in quest'ottica di dolore e salvezza ci si è resi conto che non bisogna mai disperare, ma accettare con serenità le croci che portiamo, perchè ogni nostra sofferenza, se noi vogliamo, viene assimilata a quella di Gesù sulla Croce e contribuisce al disegno salvifico che Dio ha per tutta l'umanità.